Bene, dopo la prima parte dedicata alla preparazione di un viaggio in bici, fra qualche consiglio e impressioni personali, eccoci al racconto della pedalata (e delle tappe in treno) fra Abruzzo, Molise, Basilicata e Puglia. Un’avventura della passata estate.
Come detto nel precedente articolo, cosa comprensibile, il percorso e la lunghezza del viaggio dipendono dal tempo a disposizione. Varianti fondamentali che determinano tappe già organizzate giorno per giorno con percorso studiato o – cosa che devo dire preferisco, potendo – un giro durante il quale ci si affida a quello che arriva. Ok, durante questo viaggio due certezze ne avevo: il punto di partenza quindi la prima tappa e la voglia di ripercorrere una strada già fatta in un precedente viaggio, sempre in bici, verso Santa Maria di Leuca.
Ok, la partenza è stata dunque Pescara, mia città “campo base”. Con prima tappa da 120 chilometri fino a Campomarino (Cb). Un bel percorso con il mare a sinistra, costeggiando l’ex tracciato ferroviario che – ci si augura il prima possibile – sarà parte della ciclabile lungo tutta la costa abruzzese. Al momento, a parte pochi tratti ciclabili a Pescara e la bella pedalata nella pineta di Vasto (Ch) purtroppo tutta statale: ma il trucchetto per evitare diversi tratti a scorrimento veloce è scegliere – ove possibile – la litoranea, ottima anche per rifornimenti d’acqua visti i numerosi “Stabilimenti balneari” presenti. O comunque perchè ci sono di sicuro più fontanelle che su una statale!
Da Campomarino, verso Torre Mileto, stazione balneare di San Nicandro Garganico (Fg). Primo tratto di statale davvero poco entusiasmante, piena peraltro di camion per il trasporto di pomodori (periodo di raccolta…). Quindi la decisione di andare all’interno, salendo verso Chieuti (Fg): salitona, sole e fatica, li preferisco al traffico, davvero.
Poi discesona – abbastanza nel nulla – verso il Lago di Lesina… con un momento di sconforto. Sì, ok ho sbagliato strada e avevo finito l’acqua: capita, per quante precauzioni si possano prendere e poi non è che ti puoi caricare di dieci litri. Bene, stop in un caseificio: nessuna voglia di rifare i cinque chilometri di troppo verso la direzione sbagliata per tornare al punto di partenza e allora (si può fare, dai… non da puristi ma a caldo estremo, estremi rimedi) carico la bici su un furgone e mi faccio accompagnare all’imbocco della “via di sotto” che costeggia il lago. Vale a dire, la vecchia strada, sempre per evitare quella a scorrimento veloce. Da lì un venticinque chilometri nel nulla, fra campi di pomodori a destra e sinistra. Controvento. Quindi, grazie ai ragazzi del caseificio e al “Quando si può si deve” del ragazzo alla guida del furgone riferito all’aiutare chi è in un momento di difficoltà. E grazie al vice comandante dei Vigili urbani di Lesina, al quale ho chiesto info mentre pedalava sulla sua freni a bacchetta sotto il sole e che prima di farmi andare mi ha invitato a casa, dato da mangiare uva e fichi d’india, caffettino e caricato d’acqua, perchè non avrei trovato bar o altro lungo la strada. Mia ha anche indicato un ristorante a Torre Mileto dove comunicare l’arrivo dicendo al gestore, suo amico, di chiamarlo per dirgli che era tutto ok! E grazie anche ai cani randagi incontrati sulla strada che hanno abbaiato molto ma niente più (e lì ho sudato ben più che durante la pedalata). Quindi bagno e buonanotte.
Il giorno dopo, direzione Vieste (Fg): spettacolo, anche se salitone, salitone, salitone. Qui, la prima compagna di viaggio. Una cicloviaggiatrice svizzera in viaggio in Italia, uscita di casa da Zurigo: visita delle singole regioni pedalando per strade secondarie e trasferimenti in treno. Abbiamo pedalato insieme da Rodi Garganico a Vieste, appunto. Qui, cambio di programma: vuole visitare Matera (Mt)… uh, beh, da tutt’altra parte e a Vieste non c’è la stazione ferroviaria. Ok, altro furgone (di necessità… virtù) fino a Foggia – trovato grazie ad un amico originario di Vieste… i contatti sono importanti! – e da lì in treno fino a Matera.
Piccola divagazione: la cosa più difficile di un viaggio in bici? I trasferimenti in treno (se previsti) il resto si fa. Per esempio: caricarsi la bici con le borse e tutto per le scale, caricarla sul vagone dedicato, i ganci dove appenderle non sempre dei migliori, il bigliettaio che non fa altro che ripetere “la devi mettere nella sacca” senza prima vedere se c’è, appunto, un vagone.
Altra divagazione con consiglio: se c’è da smontare la bici e quindi impacchettarla in assenza di vagone, sono ottimi i sacchi grandi per la spazzatura (da portarseli dietro non pesano e non ingombrano, magari ci si porta un rotolo di scotch da imballaggio. Facili peraltro da trovare: a proposito, al bar della stazione di Lecce li vendono ad un euro l’uno).
Entrati a Matera, incontro con un gruppo di cicloviaggiatori partiti da Milano, con i quali peraltro ci si era già visti in passato ad eventi dedicati al viaggio in bici. Come va come non va si fa un pezzo insieme e olè – dopo aver visitato la città dei Sassi – tutti insieme fino ad Alberobello (Ba) passando per una bellissima strada secondaria e a tratti sterrata. Altra cosa, saper leggere un minimo di mappa è utile, magari anche un Gps.
Da Alberobello riprendo il mio progetto iniziale: in treno fino a Lecce e poi Frassanito (non prima di una pausa al mare con gruppone di cicloviaggiatori romani incontrati a San Cataldo) e vai, Santa Maria di Leuca (Le). Qui, confesso, una lacrimuccia: il faro, Santa Maria de Finibus Terrae! Altra tappa in solitaria verso Gallipoli (Le), treno fino a Lecce e casa (qui sì bici smontata e impacchettata). Una cosa bella: in Puglia non si paga il supplemento bici ed è stupendo.
Tutta litoranea, tutto mare, sole, bellezza estrema. Discese da amare fino alla fine e salite che sennò non vai avanti. E un po’ di preparazione anche mentale, eh.
Pausa tecnica: a Gallipoli s’è rotta la catena, come raccontato nel precedente articolo. Ecco, un minimo di meccanica è bene saperla, ribadisco. Specie se si è da soli e ci si trova in zone poco fornite da negozi di bici.
Queste dunque le tappe e i momenti allegri in compagnia. Adesso voglio fare un elenco delle cose che, a parte i chilometri e tutto, mi sono piaciute di più: condividere il cibo e l’acqua in maniera naturale con chi hai appena conosciuto; le truppe cammellate di cicloviaggiatori che ti accolgono nel gruppo e con i quali condividi un pomeriggio di pedalata come se si fosse amici da una vita; la solidarietà fra cicloviaggiatori, se c’è da aspettare si aspetta e al diavolo i chilometri da fare “per forza”; i saluti scambiati con i pedalatori incontrati (meno con chi va in bici da corsa e sta in “modalità mulo” e non alza la testa.. relax!); i ganci per appendere le bici sulle Ferrovie Appulo Lucane; il rastone in bici carico fino all’inverosimile sulla litoranea per Gallipoli che ti saluta con uno “Yo Man!!!”.
La cosa che mi è piaciuta di meno, una persona che al ritorno, mentre ero in un negozio e raccontavo del viaggio mi ha chiesto: “Ma hai famiglia”? Boh, perchè uno che ha famiglia non possa fare un viaggio in bici non l’ho ancora capito. Intanto penso al prossimo viaggio in bici: potendo, nel nulla più assoluto o un percorso ciclabile attrezzato di quelli come si deve.