Care sorelle, donne di questa epoca, possiamo avere un ruolo fondamentale per sostenere e ispirare comportamenti salubri, come risposta alle situazioni delicate e alla crisi del momento. La nostra natura ciclica da sempre ci insegna a stare, a comprendere che il nuovo ha bisogno di un tempo ineluttabile per sorgere. Ogni processo prevede fasi da accompagnare con pazienza e amore. Quanto di più attuale da trasmettere?
L’ansia e la paura, sebbene istintive, non possono prendere il sopravvento. Dobbiamo averne cura in quanto espressioni del nostro attaccamento alla vita, voci delle nostre ferite e risposta al senso di precarietà, ma non consentendo loro di diventare guida del pensiero e dell’azione. “Saper stare” è un tempo attivo, che nasce dalla coscienza che ogni fase ha il suo senso e che esiste la legge universale dell’alternanza, per cui al buio succede sempre la luce. Quella notte oscura e profonda, che a volte ci spaventa, è il momento prezioso dell’incubazione. Durante, la vita è sotterranea, ipogea, ma sta concentrando tutte le sue energie per venire fuori. E noi, che siamo creature di corpo e di sangue, oltre che di anima, ben lo sappiamo, visto che facciamo esperienza di un’emorragia ogni mese non per morire, ma per rinnovarci.
Allora ricordiamoci profondamente di noi, e, in questo viaggio all’interno, riscopriamo quel senso di maternità che prescinde dall’aver avuto biologicamente figli o meno, ma che ci rende accudenti e protettive rispetto al mondo, con un istinto che supera anche la sopravvivenza personale e diventa tutela del prossimo, sacrificio d’amore. Col nostro esempio possiamo educare all’accoglienza, perché accettare è il primo passo per trasformare. Solo quando prendiamo coscienza di uno stato di fatto, lo guardiamo con lucidità e riequilibriamo le emozioni che stanno alzandosi troppo di volume. Così possiamo generare strategie per conseguire ciò che desideriamo e mutare le condizioni.
“Stare” ci insegna infatti anche ad ascoltare le nostre intuizioni, l’ispirazione che diventa orientamento e direzione. Noi possiamo offrire la via dell’amore, che non è fatto solo della pur necessaria passione, ma anche di dedizione e capacità di mettere da parte momentaneamente i propri bisogni per supportare chi è più vulnerabile. E sono i figli della comunità più fragili quelli che ora richiedono maggiore attenzione, non quelli “più bravi”.
Benediciamo pertanto quanto accade. Ce lo saremmo risparmiato volentieri, ma siamo in grado di leggere che è un’opportunità di crescita. I tempi di crisi ci aiutano a rivedere la scala delle priorità e a ritornare a riflettere sui valori. Sono una sveglia rispetto a quella tendenza a dare per scontate le cose più importanti e a vedere essenziale il superfluo. Ci stimolano all’autenticità, alla congruenza, alla volontà e ci richiamano a vivere relazioni di qualità, scegliendo di avere affianco chi condivide i nostri obiettivi interiori, chi è aperto al dialogo, chi apprezza lo spazio sacro della condivisione e si dona, oltre che ricevere.
La coerenza tra i valori e il comportamento diventa il modo più efficace di educare anche nel silenzio. In un’epoca in cui si parla troppo e male, la sobrietà della comunicazione e delle azioni diventa indispensabile per trasmettere un messaggio credibile ed autentico. D’altro canto la madre autorevole, non è quella che strepita e minaccia, quanto quella che ci racconta il vero e si comporta esattamente come ci chiede di comportarci, standoci affianco, quando siamo in difficoltà, ma esortandoci anche ad affrontare i limiti per imparare a camminare.
E la madre che ci infonde sicurezza è quella che ci apprezza e ci esprime il suo amore nel quotidiano, senza chiederci nulla in cambio. L’amore è un diritto di nascita. Quando lo riceviamo, impariamo ad essere generosi e solidali. L’amore è anche concretezza, perché trova il modo pratico di sfamare e nutrire tutti i figli. Cerchiamo allora di assecondare quel naturale intuito a comprendere il bisogno del prossimo, prima anche che lo esterni. In questo momento probabilmente anche alla porta affianco alla nostra abita qualcuno che necessita ascolto e comprensione sul piano della relazione, sostentamento da un punto di vista materiale. Dare non ci depriva. Attiva una spirale energetica che è un circolo elettivo. Ciò che investiamo serve a chi riceve e genera nutrimento che tornerà a noi in tante forme.
Se pensiamo che la crisi ci stia costringendo all’angolo, ci stia rendendo vittime, fermiamoci e ricostruiamo la serenità che si basa sulla possibilità di scelta e di libertà. Sempre possiamo decidere per noi e la prima libertà che nessuno può sottrarci è quella interiore, ma, se ci identifichiamo con la nostra parte debole, ci auto-boicottiamo e diventiamo remissivi. Il nostro primo impegno è quindi riconoscerci un potere personale, che alimenta l’abilità di allargare la prospettiva, di non vedersi mai in un vicolo cieco, ma di allargare costantemente il ventaglio di possibilità. Il potere di contrattare e di sostenere, qualora occorra, anche situazioni di natura conflittuale sta nel non avere paura di perdere qualcosa. Meno siamo attaccati al superfluo, alle cose o alle condizioni del nostro quotidiano, più siamo liberi. Il nostro tesoro siamo noi, a partire dalla prima casa che abitiamo che è il corpo, passando dal capitale più importante, il tempo, fino a tutte le risorse interiori che niente può sottrarci.
E il femminile, che per sua intrinseca natura è “sentire” ed “essere”, può trasferire questo messaggio al maschile, che potrà così “pensare” e “fare” in maniera ispirata, riconoscendo il valore della chiara direzione
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